La leggerezza

La leggerezza

Nota dell’autrice

Con questa raccolta arrivo al fondo della mia ricerca sulla consapevolezza interiore. Rintraccio il senso completo della coscienza integrata, in cui fisicità e spirito, eros e anima trovano l’elemento di congiunzione proprio nell’aspetto intellettuale e mentale di cui pure l’essere umano è fatto. La ragione diventa non l’antitesi della materia, ma la materia stessa spiegata e dispiegata, non una res cogitans e una res extensa, di cartesiana eredità, mai totalmente superata, ritrovabilissima nelle ragionatissime ragioni critiche Kantiane, ferme a un “cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me”. Assunto indiscutibile e staticamente ineccepibile. Quasi meno moderno della sempre rinnovata spinoziana spinta alla riunione del molteplice in una sola, infinita, atemporale unità. Di fronte alla vastità degli universi, così riproducibili nell’infinitamente piccolo, così volubili e scelti e vissuti dall’unico Dio veramente esistente, l’Uomo, l’altro Dio, quello lontano e invisibile fatto d’atomi di pura coscienza, coincidente con il vuoto eternamente creativo, la pura e sorgiva essenza di origine perenne, deve farsi carne, deve piegarsi e farsi piccolo, per una sete d’esperienza che travalica ogni ragione, ogni raziocinio, ogni calcolo e ogni formula, che non sia un eterno, invincibile  rigurgito di vita, dove per vita s’intende, la vis, ovvero la forza libera e selvaggia, la ἐνερϒεια, l’azione continua, che muove l’essenza pura a farsi atto perpetuo d’infinita esistenza.  La funzione dell’intelletto, o funzione mentale diventa la basculante tra la bellezza e la sua assenza, quello che chiamiamo bruttezza, il bene e la sua assenza, quello che chiamiamo male, la luce e la sua assenza, quello che chiamiamo buio. Prevede, in un processo che non può escludere la responsabilità, né consapevole né inconsapevole, anche quello che chiamiamo scientificamente “errore” e la sua “correzione, in un moto di tesi, antitesi e sintesi di matrice idealista, ma non lontano dal fallibilismo popperiano. La triplice ripartitura dei componimenti nelle cornici avverbiali del Quando, Dove, Come sta ad indicare che ancora oggi, reale o virtuale, ma certamente vero, resta l’essere presenti nel qui e ora, come un’irruzione, una dispiegazione, dell’essere nell’esistere del cui Come è necessario assumersi ogni possibilità, ogni libertà e ogni conseguente responsabilità. Inutile chiedere il Perché, dispiegandosi perennemente l’essere sotto i nostri occhi, tanto da annullare i concetti stessi di eterno e di infinito fino a farli coincidere con Il mai iniziato e Il mai terminato, dunque con l’istante nel suo esatto, perpendicolare accadere o manifestarsi. E allora l’unica variabile resta il Come: con Leggerezza, dunque, che è profonda conoscenza e dolcezza di sé, tutto il contrario della superficialità, umilissima accettazione, invece, di essere, sia pure nell’esistere, invincibilmente umani, umilmente Dei. Leggerezza, che è leggiadria, bellezza pura del sentirsi e accettarsi quale Energia Vivente, respiro ampio, diapason dell’essere e sangue vivo, fluida emozione dell’esistere.

L’anello di congiunzione è l’Incarnazione. La mela rubata all’albero della conoscenza non ha prodotto alcun peccato originale e nessuno è venuto a salvarci. “Verbum caro factum est” sta a significare che Cristo e tutti noi fatti ad immagine e somiglianza, come lui figli di una stessa cellula madre e, ancora prima, del Vuoto primordiale ((buchi neri- antimateria), entrando nella dimensione dello spazio-tempo, ci siamo fatti carne, per consentirci l’esperienza di noi stessi, trasformando l’energia in azione e moto, tra astri e mondi, particelle elementari e atomi, tra membrane e cellule, tra corpi, cose, fatti, accadimenti.

Neppure siamo deboli e inadatti a mondi diversi cosiddetti “superiori”, dalle incomplete definizioni applicate alle filosofie orientali. Così come il Cattolicesimo ha piegato ai propri interessi temporali il Cristianesimo, allo stesso modo guru e maestri spirituali, appartenenti a varie correnti di pensiero, piegano alle loro ristrette convinzioni i concetti delle diverse filosofie orientali.

Noi non siamo fragili e impotenti né piangenti in una valle di lacrime, non siamo impuri nella carne e nei pensieri. Semplicemente facciamo nel “Presente” quello che siamo venuti a fare: vivere! Esistere (da exsto, vengo da, esco dal vuoto per manifestarmi). E scegliamo, secondo il vero significato dell’”hic et nunc”, in ogni istante e ogni istante. E` la basculante mentale, intellettuale, che sceglie dal tutto, in cui la dualità come la coincidentia oppositorum sono incluse, tra il cosiddetto bene e male. Tra il piacere della bellezza e il piacere della sofferenza, tra l’amore per gli esseri e le cose e per se stessi e l’amore per il potere sugli esseri, le cose e su se stessi. Tra l’amore per lo scambio e la reciprocità e l’amore per lo strumento di scambio (denaro, sesso, potere, interessi e bisogni). La basculante dell’intelletto che non è fuori, ma dentro di noi ed è noi decide. Dunque noi decidiamo, noi siamo i responsabili, i creatori, i registi e gli attori della nostra interpretazione dell’esistenza. Non ci sono attenuanti e qualunque interpretazione filosofica che fa un uso subdolo e occulto mente, manipola le menti, basculando e facendole basculare nella direzione che ritiene migliore o più opportuna quando non opportunistica.

Per fare questo è necessario un atto di estrema umiltà, ammettendo a se stessi di aver percorso strade utili alla conoscenza, ma di non averle sapute comprendere e interpretare fino in fondo e di esserci in qualche modo giustificati e autoconvinti per non dover affrontare una rivoluzione interiore che sarebbe poi diventata esteriore, rendendoci la vita difficile tra i nostri simili.

                                                                                                                Rossella Maggio